THE IMAGE
Regia
Michael Armstrong – nato il 24/07/1944 a Bolton, Lancashire, Regno Unito. Diplomato alla Royal Academy of Dramatic Art. The Image era il suo primo film, che scrisse e diresse a soli 22 anni. Un anno più tardi realizzò il suo primo vero e proprio lungometraggio, The Haunted House of Horror, con Frankie Avalon, Jill Hhaworth, Mark Wynter, Richard O’Sullivan e Dannis Price, facendolo seguire al celebre Mark of the Devil con Herbert Lom ed Udo Kier. Quest’ultimo sbancò il botteghino e fu un vero e proprio record d’incassi sia in Europa che in America, diventando uno dei più importanti cult movie di sempre. Da allora la filmografia di Armstrong include le celebri commedie sexy The Sex Thief (1973) e Eskimo Nell (1975), alla quale partecipò anche come attore. E poi ancora Adventures of a Private Eye (1977), e House of the Long Shadows (1983) con Vincent Price, Christoper Lee, Peter Cushing e John Corradine. In tutto ha scritto o diretto diciassette film internazionali che hanno vinto numerosi premi. Ha lavorato moltissimo e con un certo successo anche per il teatro e la televisione. Il suo ultimo film per il grande schermo è Orphanage, del 2014. (fonte Wikipedia.eng)
Sceneggiatura
Michael Armstrong
Cast
David Bowie – il Ragazzo
Michael Byrne – l’Artista. Dopo il debutto, non esaltante, in questo cortometraggio la sua carriera cinematografica lo ha proiettato verso un discreto successo. È un caratterista ben riconoscibile nei panni dell’ufficiale nazista in Indiana Jones e L’Ultima Crociata di Steven Spielberg (1989), ha partecipato con ruoli di secondo piano a Braveheart – Cuore impavido di Mel Gibson (1995), Il Domani Non Muore Mai di Roger Spottiswoode (1997), Gangs of New York di Martin Scorsese (2002) e Harry Potter e I Doni della Morte Parte 1 di David Yates (2010). Ha partecipato a non meno di altre due dozzine tra lungometraggi, film per la televisione e serial. La sua più recente apparizione sul grande schermo è del 2015, a fianco di Johnny Depp, in Mortdecai di David Koepp.
Formato
Cortometraggio in Bianco e Nero
Anno
1967
Durata
14 minuti
The Image non è mai stato reso disponibile su alcun supporto fisico, ma è al momento è visionabili integralmente su YouTube.
Trama
La sceneggiatura originale riporta come sottotitolo: Uno studio sul reale mondo illusorio tra la mente schizofrenica dell’artista e la sua prospettiva di creatività.
In una notte “buia e tempestosa” un pittore è solo in una grande, vecchia casa vuota che gli serve da atelier. Oltre a lui, l’unica inquietante presenza è quella della sua ossessione per un giovane modello cui sta facendo un ritratto. L’ossessione si materializza e il suo quadro prende una forma corporea che lo tormenta e terrorizza. Tra allucinazione e realtà, l’artista lotta fisicamente contro la propria opera, fino a volerla “assassinare”, prima che essa prenda il sopravvento. Alla fine, l’incubo svanisce e l’artista rimane solo con il proprio dolore e la propria disperazione.
Sinossi e Découpage
Il film si apre con i titoli di testa accompagnati da un efficace e percussivo commento musicale, un font minimale bianco (privo di maiuscole) su sfondo nero:
– 0,00 min – border film productions (london) ltd. presents / the image / with / michael byrne / david bowie / photography osama rawi / editor julian hidson / assistant cameraman david norton / lighting bert lloyd / continuity jane val-baker / make-up diana thompson / production secretary joanne klerck / portrait by william mason, A.R.C.A. / drum music composed and played by noel janus / other music and effects by wolfe ltd. / produced by negus-fancey / written and directed by michael armstrong
Interno notte.
– 1,30 min. La prima inquadratura del film ci mostra una finestra dietro la quale si vede piovere nella notte. Vediamo poi le scale che salgono al primo piano di una casa che si intuisce desolata e vuota, e poi di nuovo la finestra. Un’altra inquadratura mostra la tromba delle scale dal primo piano verso il basso. Le successive riprese mostrano dettagli della casa (la catenella del paletto alla porta, la vecchia tappezzeria, ancora la scala) che contribuiscono a creare un’iniziale senso di inquietudine.
– 2,43 min. Vediamo finalmente la prima figura umana. In piedi, di spalle, scorgiamo l’Artista impegnato con la sua tela. Dal basso la cinepresa “zoomma” da figura intera in campo medio lungo, a piano americano fino al dettaglio della tela sulla quale sta ultimando il volto di un ragazzo.
– 2,55 min. Riconosciamo immediatamente il giovane Bowie, il ritratto è piuttosto grossolano e in realtà non coglie che in parte la nota bellezza del soggetto, ma funziona nel contesto della pellicola, dove tutto risulta dimesso e volutamente trasandato. Uno stacco di montaggio ci mostra un angolo del misero atelier nel quale sono accatastate vecchie tele e fogli da disegno appallottolati. Ancora altri dettagli del lavoro di finitura sul ritratto e poi ancora uno stacco sull’artista impegnato sulla tela ripreso frontalmente di tre quarti. Salta all’occhio il suo pesante maglione di lana a collo alto di fattura artigianale, che più che come costume di scena va ricordato perché testimonia del freddo intenso che soffrirono gli attori e la piccola troupe durante le riprese come ricordato dallo stesso Armstrong nell’intervista che riportiamo in calce.
– 3,27 min. D’un tratto una zoommata in primo piano sul volto dell’artista sottolineata da effetti sonori piuttosto ficcanti anche se ormai inevitabilmente datati, esprime uno stato di inquietudine improvviso che sembra generato dallo stesso dipinto. Il pennello sgocciola sulla tela.
– 3,43 min. Vediamo per la prima volta il totale della figura dipinta. Il Ragazzo (Bowie) è raffigurato, dalla cintola in su, in una strana posa. Propende le mani in avanti quasi volesse abbracciare qualcuno. L’artista guarda perplesso la sua opera e poi gira attorno al cavalletto su cui è posata la tela, quasi a voler vedere cosa si cela dietro ad essa.
– 4,41 min. Altro stacco di montaggio con effetto sonoro, dietro la tendina di una finestra vediamo passare una strana figura. Varie inquadrature alternate della faccia dell’artista e della finestra suggeriscono, o meglio dovrebbero suggerire, un crescendo angoscioso.
– 4,53 min. Improvvisamente, con il naso schiacciato sul vetro dietro la solita tendina, vediamo il volto del giovane del ritratto che è “Standing outside, looking inside” come in una famosa canzone dei King Crimson. L’effetto è francamente piuttosto ridicolo, e se non fosse per il commento musicale ossessivo strapperebbe perfino qualche risata. All’artista cade il pennello di mano per lo spavento ed indietreggia di qualche passo. Esce dalla stanza e a gran falcate sale la scala verso il piano superiore, entra in una stanza, ma anche lì affacciato alla finestra che guarda verso l’interno, questa volta a figura intera, vede lo stesso ragazzo.
– 5,20 min. L’Artista scende precipitosamente la scala e rientra nello studio al piano terra. Dietro al quadro appare con espressione tetra la figura del ragazzo con le braccia protese, proprio come sulla tela. Il protagonista, evidentemente terrorizzato, vuole scappare dalla casa ma la porta, bloccata dal paletto e dalla catenella che un’inquadratura ci aveva mostrato all’inizio, glielo impedisce. Il ragazzo minaccioso con fare da morto vivente lo incalza avvicinandosi.
– 5,41 min. L’artista raccoglie dal pavimento sporco e ingombro di cartacce la piccola riproduzione metallica del busto di Lord Byron, un’allusione piuttosto grossolana alle tematiche tardo-romantiche del film, e impugnatala come una clava, colpisce violentemente il ragazzo tra il collo e la nuca facendolo cadere scompostamente, (cade) come corpo morto cade. L’artista lascia cadere il piccolo busto, scavalca il ”cadavere” e lentamente risale al piano superiore. Entra nel piccolo bagno per lavarsi le mani lorde dell’omicidio, da dietro il ragazzo lo ghermisce. Furibondo l’artista si divincola, gli mette le mani al collo e dopo averlo strangolato lo abbandona sulla scala.
– 7,26 min. Ancora una volta il “cadavere” si rialza e si fa avanti. L’artista allora brandisce una lunga lama. Il ragazzo non si ritrae, al contrario ci si “infila” facendosi penetrare il coltello nel ventre, abbracciando il pittore. La scena è ripresa e montata con una certa morbosità, quasi si trattasse di due amanti che si abbracciano. L’artista si ritrae e sempre brandendo il coltello scende lentamente la scala rivolto al ragazzo che tutto insanguinato, continua a seguirlo… seppur barcollando, per aver accusato il colpo.
– 10,16 min. L’artista lo colpisce di nuovo reiterando più e più volte con crudeltà le pugnalate. La camera indugia sui particolari dell’agonia e dei colpi che penetrano la vittima. Ancora una volta il ragazzo si accascia faccia a terra.
– 11,01 min. L’artista dopo aver guardato inorridito il sangue sulla propria mano, torna nello studio a guardare la tela dipinta e accorgendosi che non può liberare la propria mente dalle immagini ossessive del ragazzo, si accanisce a pugni contro di essa e finendo a terra piangente sopra quello che resta del suo lavoro. Un’inquadratura mostra in primo piano il suo sguardo sconsolato.
– 13,19 min. L’ultima immagine è quella di una foto in cornice del giovane ragazzo sorridente e mentre si sentono in sottofondo i singhiozzi del pittore e lo scroscio della pioggia appaiono in sovra-impressione i titoli di coda:
– the artist david byrne / the boy david bowie / a border film productions (london) ltd. presentation.
Alcune riflessioni
Non fu certo fortunato, l’esordio cinematografico di Bowie e, in tutta onestà, nemmeno di grande valore artistico. Il cortometraggio di Armstrong oltre ad essere per contenuti e messa in scena piuttosto ingenuo, ebbe un processo di realizzazione molto travagliato che ne compromise definitivamente le già precarie premesse. Inizialmente pensato per una durata di 7 minuti, più che sufficienti ad esaurire l’idea di sceneggiatura che lo sosteneva, a cose fatte i produttori scontenti del risultato che non permetteva loro di accedere ai fondi nazionali per la cinematografia che richiedevano un minutaggio minimo di molto superiore, costrinsero il giovane regista a dilatarne la durata, includendo tutti gli scarti del montaggio definitivo. L’effetto, piuttosto sconsolante, è particolarmente evidente in alcune sequenze davvero troppo espanse, da risultare perfino fuori luogo. A rimetterci è soprattutto il pathos del film che dovrebbe essere sostenuto da un ritmo incalzante e angoscioso, in un crescendo di suspense e spaesamento per l’orribile presenza che si sta manifestando. Al contrario, con il passare dei minuti il racconto sembra sfaldarsi e sfibrarsi in una continua ripetizione e sottolineatura di sequenze e ambienti che distolgono l’attenzione anche dello spettatore più motivato e che non sono per niente utili alla narrazione che risulta confusa ai limiti dell’insensatezza. Che il film risulti poco riuscito non significa che non abbia alcun valore nella prospettiva biografico-artistica di Bowie, è vero il contrario.
Nel recente La filosofia di David Bowie di PierPaolo Martino, la prospettiva fondamentale dalla quale s’irraggia l’analisi interpretativa coincide con la definizione del rapporto molto stretto che culturalmente lega la figura e l’opera di Oscar Wilde, definito con una feconda iperbole, come prima “Icona pop della storia” all’emergere del fenomeno del Glam Rock nella Londra del XX° sec.1 L’intuizione è ben evidente e portante anche nel film Velvet Goldmine di Todd Haynes (1988), esso suggerisce di leggere il fenomeno che vide protagonista Bowie attraverso le pagine di Wilde. È tutt’altro che una cattiva idea. Il Glam Rock, per quanto bizzarro possa sembrare, ha profonde radici nella cultura inglese. La severa società vittoriana aveva prodotto quasi per contrasto una cultura raffinatissima che, pur non negandone fondamentalmente i presupposti, ne pervertiva le intenzioni mettendone in luce le contraddizioni. Il celeberrimo romanzo di Wilde Il Ritratto di Dorian Gray, a cui il cortometraggio di Armstrong è platealmente ispirato, è un caleidoscopio di quella cultura che rimane ancora oggi imprescindibile per comprendere i movimenti artistici inglesi contemporanei ed europei. L’artista e il suo modello, l’opera d’arte che prende vita e il suo significato in un mondo che sembra dominato dalle macchine e dal profitto. Anche se il film di Armstrong non è perfettamente riuscito dal punto di vista tecnico, a posteriori, per quanto riguarda le intenzioni e guardando a ritroso la carriera di Bowie, possiamo considerarlo programmatico. Il corto segna il primo apparire di una luminosa figura d’artista completamente inedita che ha davvero segnato il suo tempo in modo creativo e autentico.
Il significato estetico dell’opera di Bowie nella sua poliedricità segna un nuovo inizio per l’arte a tutti i livelli e forse dobbiamo ancora prenderne coscienza. Proprio ne Il Ritratto di Dorian Gray il tragico personaggio del pittore Basil, dalla straordinaria sensibilità e autore del famoso terribile ritratto, ad un certo punto sente l’esigenza di rivelare cosa sia stata l’apparizione di quel meraviglioso ragazzo nella sua vita e nella sua arte.
“In un certo modo, non so se potete capirmi, il suo aspetto ha generato una nuova maniera nella mia arte, uno stile nuovo. Vedo le cose diversamente, e le concepisco diversamente. Io oggi posso fissare la vita in modo che prima ignoravo. Un sogno di bellezza in un giorno di meditazione…
Ma questa apparizione fu Dorian Gray per me. La sola presenza visibile di questo ragazzo, mi pare sempre che sia un ragazzo benchè in realtà abbia più di vent’anni, la sua realtà visibile… Senza saperlo egli traccia le basi di una nuova giovane scuola; con tutta la passione dello spirito romantico, e la perfezione spirituale dei greci. L’armonia dello spirito del corpo. Che gran cosa! Nella nostra follia abbiamo separato le due cose e abbiamo creato un realismo che è volgare e un idealismo che è vuoto.”2
1 -PierPaolo Martino, La filosofia di David Bowie, Mimesis, Milano 2016, pag. 12.
2 – Oscar Wilde, Il Ritratto di Dorian Gray, Mondadori, Milano, I Meridiani, pag.18.
Anche noi, in tutta semplicità, possiamo concludere affermando che anche il primo apparire di Bowie sul grande schermo fu: “Un sogno di bellezza in un giorno di meditazione…
History
Da http://www.michaelarmstrong.co.uk/archive/film/theimage
The Image fu girato nell’inverno del 1967.
Nel 1964 mentre Amstrong frequentava la Royal Academy of Dramatic Art, Tony Maylam, un suo compagno di studi, che stava cercando di realizzare un cortometraggio, gli chiese di scrivere una sceneggiatura. Maylam non girò mai questo film. Anni dopo, in ogni caso, diresse pellicole come Riddle Of The Sandsand The Burning.
La sceneggiatura di The Image restò dimenticata fino a quando ad Armstrong fu offerta l’opportunità di girare un corto per la Border Films. Questi cortometraggi venivano di solito inclusi come programma di riempimento quando i distributori avevano programmazioni di doppio spettacolo con film stranieri, di solito pellicole erotiche e per di più potevano in questo modo avvalersi dei finanziamenti dell’ Eady Money, i finanziamenti governativi di allora per incentivare la produzione di film inglesi.
Per la parte del Ragazzo Armstrong scritturò l’allora quasi sconosciuto cantante e autore di canzoni, David Bowie. Armstrong in quel periodo faceva parte del ristretto gruppo dei devoti ammiratori della musica di Bowie. Michael l’aveva contattato in un primo tempo per scrivere la colonna sonora e partecipare ad un, mai realizzato, film-commedia basato sulla mitologia greca, A Floral Tale. Bowie avrebbe dovuto interpretare il ruolo dell’antico cantore trace, Orfeo. Invece, molto meno spettacolare fu The Image, a sancire il suo debutto cinematografico. Per il ruolo dell’Artista, Armstrong originariamente voleva Jon Finch, la cui carriera sarebbe decollata solo pochi anni dopo con il Macbeth di Polanski. Sfortunatamente, Finch risultava sotto contratto per un altro progetto cinematografico e con le riprese già programmate la scelta cadde giocoforza su Michael Byrne. Come per Finch, la carriera di Byrne sarebbe decollata diversi anni dopo. (A Bridge Too Far, Indiana Jones And The Last Crusade, Gangs Of New York).
Della piccola troupe facevano anche parte: l’addetto alle luci di scena Ousama Rawi (Pulp, Zulu Dawn, Parting Shots) e un amico di Armstrong, Martin Campbell (Edge Of Darkness, Goldeneye, Mask Of Zorro) entrambi destinati a carriere di ottimo livello nel campo cinematografico internazionale.
Il film fu girato in bianco e nero in tre giorni in una casa disabitata appena fuori Harrow Road. Le basse temperature misero duramente alla prova David, che fu costretto in un’occasione a starsene, per ore, fuori al freddo, in precario equilibrio fuori da una finestra… indossando solo una maglietta e i jeans, sotto l’acqua gelata di scena che simulava una pioggia battente. Come ricorda Armstrong: “Quando finalmente potè rientrare, era davvero blu dal freddo.”
Per una combinazione di ritardi e per il poco tempo dedicato alle riprese, in realtà solamente poco più della metà della sceneggiatura venne davvero girata. Alla richiesta di Armstrong di altro tempo per completare il film, la Border rifiutò di pagare per altre riprese, esautorando il regista, sequestrandogli il materiale girato e affidandolo ai propri montatori. Il risultato fu disastroso e perfino controproducente per i produttori. Il film editato in questo modo raggiungeva solamente i sette minuti e mezzo, metà del minimo richiesto per poter accedere agli incentivi “Eady Money”. Armstrong, che aveva già firmato il contratto per dirigere il suo prossimo lavoro con la Tigon Films, fu richiamato per risolvere il problema.
Utilizzando tutto il materiale girato, Armstrong espanse la linea tematica del film molto oltre quella della sceneggiatura originale, tanto da riuscire ad ottenere un minutaggio finale appena sotto i quindici minuti, così da ottenere i fondi dell’Eady. Come commentò più tardi ironicamente: “Fu il primo film a raddoppiare in sala montaggio” sempre ironicamente si riferì molto spesso a questo suo lavoro come “film d’Arte”.
The Image fu uno dei pochi cortometraggi di sempre ad essere classificato X dalla censura. Fu associato, inizialmente, per la proiezione ad uno dei film stranieri acquisiti dalla Border, All Quiet On The Eastern Front ma finì ben presto al Jacey Cinema a Piccadilly Circus (Londra) nel 1969, a fare da “intervallo” tra due film erotici distribuiti dalla Burden. Le poche recensioni che guadagnò furono positive. Attualmente è ricordato quasi solamente per essere stata la prima apparizione di David Bowie sul grande schermo.
Articolo e traduzioni di Flaviano Bosco
THE IMAGE – GALLERY
Film Stills
Pettegolezzi o poco più
Da David Bowie di Wendy Leigh, Sperling & Kupfer, pag. 60 e seguenti
Michael Armstrong, regista allora ventiduenne, ex allievo della Royal Academy of Dramatic Art, stava facendo il casting per un film, A Floral Tale, quando vide l’album di Bowie in una vetrina e rimase folgorato dal volto in copertina. Comprò il disco, decise di lavorare con il cantante e contattò direttamente Pitt (Ken Pitt, manager discografico): “Passai due o tre ore con David e Ken e mi innamorai di David. Era assolutamente fantastico e fece un’ottima imitazione di Elvis.”
Anche se il film non vide mai la luce, Armstrong invitò Bowie a cantare a un evento di raccolta fondi per la Catholic Stage Guild (l’associazione degli attori cattolici), il 19 novembre 1967 all’hotel Dorchester: “Lui era favoloso, ma il pubblico non sapeva cosa pensare, per cui la serata fu un fiasco. David era così sconvolto che scappò via in lacrime.”
Alla fine, però, quell’esibizione ebbe una conseguenza positiva, perché tra il pubblico c’era Danny La Rue, imitatore en travesti di donne famose, che rimase affascinato da Bowie e gli scrisse una lunga lettera, proponendogli una collaborazione. Non si sa se David abbia poi incontrato La Rue, ma se lo fece non ci sono dubbi su quale sarà stato il suo approccio.
“Bowie flirtava senza pudore quando avevi a che fare con lui” raccontò Armstrong. “Lo ha fatto anche con me. Non flirtava in maniera troppo sessuale, ma comunque ci provava. Era parte della sua personalità. Sembrava che giocasse al gatto e il topo. Dicevo sempre che i casi erano due: o sarebbe diventato una stella stratosferica, oppure avrebbe fatto un sacco di soldi nel gabinetto degli uomini a Piccadilly.”
Alla fine Armstrong fece lavorare David in The Image, un premiato cortometraggio che diresse nel giugno 1967. Grazie a quella partecipazione, Bowie ottenne il tesserino del sindacato degli attori, l’Equity, che all’epoca era indispensabile per lavorare nei teatri inglesi. Non per questo però i produttori iniziarono a fare la fila per scritturarlo.
Sempre secondo Armstrong, “Ken provava di tutto per far decollare la sua carriera ma sembrava che nessuno lo volesse, e questo era davvero strano per me, perché era chiaro che era nato per diventare una stella.”
Anche se queste considerazioni contenute nel libro della Leigh, che lasciano il tempo che trovano, sono palesemente inesatte (il fantomatico primo ingaggio che Armstrong procurò a Bowie data novembre 1967, le riprese di The Image che dovrebbero essere posteriori sono del giugno dello stesso anno) è il caso di tenerne conto perché fanno parte, ad ogni buon conto, delle tante leggende metropolitane che circolano sulla realizzazione di The Image.