Bowie: The Fashion Rocks Q&A
Di Dave Itzkoff.
Fotografato da Patrick Demarchelier
traduzione a cura di Patrizia Loc
Questa intervista telefonica dalla residenza estiva nelle Catskills, dove Bowie si trovava con la famiglia, risale al settembre 2005, successiva quindi alla prima esibizione live di David dopo l’operazione al cuore. L’occasione era Fashion Rocks, una manifestazione benefica a favore delle vittime dell’Uragano Katrina che aveva distrutto New Orleans, dove Bowie ha aperto il set con “Life on Mars?”, accompagnato da Mike Garson al piano, seguito da “Five Years” con gli Arcade Fire.
Nel corso dell’intervista si parla di moda, di musica, di essere diventato da poco uno scrittore pubblicato con il libro Moonage Daydream, che riporta i suoi commenti alle provocatorie fotografie di Mick Rock che lo ritraggono nell’esplosiva era di Ziggy Stardust, e di cosa si fa a New York quando quando si inizia una nuova vita.
ITZKOFF: Possiamo parlare di come moda e musica si intersecano nella tua carriera?
BOWIE: Non sono molto bravo su certi argomenti. Parliamo delle nuove band!
ITZKOFF: Ne parleremo, te lo prometto. Mi ha sorpreso il fatto che tu abbia riconosciuto quanto il look di Ziggy Stardust debba ad Arancia Meccanica, il film di Stanley Kubrick.
BOWIE: Oh sì, il riferimento era molto diretto. Il film ha scatenato un sacco di polemiche, anche se in Gran Bretagna Kubrick fu costretto a ritirare molto presto la pellicola dalle sale, in seguito alle continue minacce di morte.
ITZKOFF: Ti ha attirato il fatto che fosse un film controverso?
BOWIE: No, perché in quel periodo erano usciti altri film altrettanto discussi. Quello che mi ha colpito è stato il lato estetico e visivo, trovo che gli abiti fossero favolosi.
ITZKOFF: Stavi solo aspettando una scusa per indossare un sospensorio?
BOWIE: (ride) Sì, i sospensori erano una figata. Era un modo per riportare l’attenzione su capo idealmente shakesperiano. In seguito non è stato mai più usato fino a “WordUp” di Cameo. Non lo stesso tipo di sospensorio, spero. I costumi che ho pensato per i primi concerti degli Spiders from Mars erano ispirati alle tute indossate dai protagonisti di Arancia Meccanica. Li ho fatti fare con una stoffa floreale, molto femminile, molto colorata. Volevo semplicemente … ho pensato che il contrasto violento tra un capo di abbigliamento essenzialmente da operaio, confezionato con una stoffa morbida e sensuale fosse una cosa interessante da proporre.
ITZKOFF: Ci sono altre fonti di ispirazione meno ovvie per Ziggy rispetto ad Arancia Meccanica?
BOWIE: C’erano elementi del teatro Kabuki. Ziggy era il frutto di un gran guazzabuglio di idee, senza un particolare filo logico. Si è evoluto nel tempo. Ho preferito riferirmi alla cultura giapponese come aliena, perché non potevo immaginare una cultura marziana.
ITZKOFF: E’ da considerare come elemento negativo il fatto che un look o uno stile non sia sui generis, cioè che sia ispirato a delle fonti precedenti?
BOWIE: Oh no. Assolutamente no. Io ho sempre approfondito molto – sono una persona terribilmente analitica, approfondisco sempre le motivazioni dietro alle cose, perché sono diventate quello che sono diventate. Mi interessa moltissimo capire come viviamo le nostre vite. Come mai è successo? Non contano solo i fatti in sé stessi.
ITZKOFF: Per scrivere i testi del libro “Moonage Daydream”, hai dovuto fare mente locale per ricordarti quel periodo della tua vita?
BOWIE: No, direi di no. Mi hanno guidato le fotografie di Mick. Ci sono abbastanza ricordi incastonati in ognuna di esse, mi è bastato vedere una foto di Cyrinda Fox ed immediatamente mi sono ricordato tutto quel periodo. Lei è stata una grande e fantastica influenza. Nessuno era come lei. E mi ha fatto prendere le mie prime scarpe col tacco alto.
ITZKOFF: Le hai ancora?
BOWIE: Le ho ancora. In realtà nel corso del tempo alcuni di quei capi mi sono stati rubati perché, penso, ne valeva la pena. Non biasimo nessuno, avrei fatto lo stesso. Ma sono molto contento di avere ancora la maggior parte degli oggetti.
ITZKOFF: Senza l’intervento di alcuni famosi ladri, i Sex Pistols non avrebbero mai avuto un impianto sonoro.
BOWIE: (ride) Steve Jones lo ha ammesso. Andiamo molto d’accordo adesso, ma all’epoca non l’ho presa molto bene. Ovviamente non avevamo idea di chi ci avesse rubato l’attrezzatura (NdT: si riferisce al modo poco ortodosso di Steve Jones dei Sex Pistols di procurarsi attrezzatura e strumenti musicali, memorabile fu il furto ai danni di David Bowie)
ITZKOFF: Adesso lo vedi più come un prestito?
BOWIE: Direi più un esproprio.
ITZKOFF: Come fai a capire quando un look ha fatto il suo corso?
BOWIE: Di solito cinque minuti dopo che me ne sono sbarazzato (ride). Sono sempre un po’ in ritardo (ride). No, in realtà cerco di anticipare la noia, ma ultimamente gli abiti di scena sono più che altro funzionali. Fanno parte dello spettacolo. La grande differenza è che in passato li concepivo in base ai miei personaggi, cosa che ho smesso di fare dai primi anni ’80. Nei primi anni della mia carriera mi travestivo da Duca Bianco e tutti quei tizi lì. In un certo senso era molto più divertente – ah, devo dire che preferisco di gran lunga che sia qualcun altro a vestirmi (ride). Non era una cosa da dire in un’intervista, vero? Mi interessa l’aspetto teatrale dei costumi di scena più che la moda di tutti i giorni.
ITZKOFF: Col passare degli anni, pensi che il tuo senso dello stile sia diventato più istintivo?
BOWIE: Posso dire con piacere che non ci penso mai. Mi affido a Hedi Slimane della maison Dior. Ho avuto la fortuna di avere sempre uno stilista o due interessati a farmi indossare i loro abiti. Nell’ultimo periodo mi veste Hedi Slimane. La prima volta che l’ho incontrato non lavorava ancora per Dior, mi aveva mandato delle foto tramite una conoscenza comune. Gli abiti erano ispirati al film “L’uomo che cadde sulla Terra”, una linea di abiti scuri molti attillati (ndT: e che richiedono una notevole magrezza) che è diventata poi il suo marchio di fabbrica. Adesso è lo stilista di Franz Ferdinand e dei Killers. Veste un po’ tutti, sta cambiando il look del mondo del rock and roll.
ITZKOFF: C’è una band che a tuo giudizio propone quell’elemento teatrale che fa parte del tuo repertorio?
BOWIE: Gli Arcade Fire possiedono un’attitudine teatrale molto forte, sono molto esuberanti e pieni di entusiasmo. Ma nonostante tutto il loro show è teatrale perchè non cambia molto da sera a sera. Li ho visti molte volte e li amo tantissimo. Sono molto coinvolgenti.
ITZKOFF: Ce ne sono altre?
BOWIE: I Secret Machine, ma in modo diverso. Sono quasi invisibili sul palco, l’illuminazione è alle loro spalle, per cui si intravedono solo tre silhouettes scure. Ma la potenza della loro musica e della loro presenza invisibile è fantastica. Una terza band potrebbero essere i TV on the Radio.
ITZKOFF: Come fai ad essere sempre così aggiornato sulle band emergenti?
BOWIE: Beh, fortunatamente non sto lavorando (ride), per cui mi riposo, esco molto. Sono un newyorkese, fatto e finito, e mi piace andare in giro per New York. Adoro questa città, mi piace andare a vedere le novità in teatro, le nuove band, le mostre d’arte. Vado dappertutto – molto discretamente e non mi spingo oltre la 14ma Strada. Frequento principalmente la zona di Downtown.

© Patrick Demarchelier
ITZKOFF: Tra le persone con cui hai collaborato, ce n’è stato qualcuno che ti ha intimidito per il suo stile?
BOWIE: Questa è una domanda interessante. Le persone con cui ho lavorato? Nah.
ITZKOFF: Nemmeno Freddie Mercury?
BOWIE: Oh no. Siamo totalmente gli opposti.
ITZKOFF: L’anno scorso, la tua musica, cantata da un musicista brasiliano, ha giocato un ruolo importante nel film di Wes Anderson “Le avventure acquatiche di Steve Zissou”. Che emozioni ti ha provocato il fatto che, a parte “Queen Bitch”, non ci fosse la tua voce nella colonna sonora?
BOWIE: Oh no! Ho adorato la colonna sonora di quel film. Penso fosse favolosa. Mi è piaciuta la sua interpretazione del mio repertorio.
ITZKOFF: Come mai, secondo te, una forma d’arte che non ha una componente visiva come la musica, può avere un effetto così rimarchevole su un’espressione artistica totalmente visiva come un film?
BOWIE: Non lo so. Non ne ho idea! Dimmelo tu (ride).
ITZKOFF: So che ti dedichi anche alla pittura. Dipingere ha mai influenzato la tua musica e viceversa?
BOWIE: Le due cose sono collegate. Quando mi è capitato di avere il blocco dello scrittore, mi sono dedicato alla pittura – oppure a visitare mostre d’arte. Questo mi ha aiutato nello scrivere, e spesso quello che scrivo mi ispira nel dipingere.
ITZKOFF: Pensi di andare a qualche sfilata durante la settimana della moda?
BOWIE: Vuoi sapere una cosa? Non sono mai stato a una sfilata in vita mia.
ITZKOFF: Davvero?
BOWIE: No. Il mondo di Iman resta un mistero per me. Non ho idea di come lei fosse all’epoca, anche se ho visto i filmati delle sue sfilate.
ITZKOFF: Ti fa piacere o ti indispone quando la tua canzone “Fashion” viene usata per una sfilata?
BOWIE: Beh, sono al corrente del fatto che la mia musica viene usata in questi eventi. Dobbiamo dare l’autorizzazione, quindi so che viene usata di frequente in Europa, ed è una cosa di cui vado fiero. Che ti devo dire (ride).
ITZKOFF: Questa domanda ti sembrerà strana, ma pensi che David Jones esista ancora?
BOWIE: Sì. Bowie, per me, è strettamente un personaggio pubblico, dietro il quale posso nascondere David Jones. In questo momento mi trovo nella mia casa in montagna, e sono David Jones. Con la mia famiglia sono assolutamente David Jones.
ITZKOFF: Pensi che il grande pubblico sia pronto per il ritorno dell’androginia nella musica commerciale?
BOWIE: Ho notato che è un elemento presente in molte band, come i Franz Ferdinand, ad esempio, anche se è solo accennato. Non sono sicuro che sia mai stata una cosa rilevante.
ITZKOFF: Quindi questa volta non sarai necessariamente tu l’uomo di punta?
BOWIE: No, no.
ITZKOFF: Non pensare male di quanto sto per chiederti, ma come sei vestito in questo momento?
BOWIE: Vediamo .. jeans e una T-shirt bianca. Niente scarpe, nè calze. Quindi sono David Jones, è incredibile.
ITZKOFF: Conosci i Futureheads, i Bloc Party?
BOWIE: Sì, anche i Louis XVI. Vivere a New York è grandioso, uscire due o tre volte la settimana per sentire i nuovi gruppi, è la cosa migliore che si possa fare.
ITZKOFF: Riesci a passare inosservato?
BOWIE: Beh mi conoscono tutti ma normalmente sono le persone sono discrete e rispettose. New York è New York. Nessuno ne fa un caso.
ITZKOFF: Usi ancora il look jeans e T-shirt per passare inosservato?
BOWIE: Assolutamente. Jeans e un cappellino da baseball. E’ l’unico modo per andare in giro indisturbato. Se indossassi degli stivali appariscenti sarebbe la fine, non trovi?
Articolo originariamente pubblicato sul supplemento a colori della rivista Lucky dedicato alla manifestazione Fashion Rocks – Ottobre 2005, di Dave Itzkoff. Photo di Patrick Demarchelier, e disponibile in versione originale qui.

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