GENTLEMEN TAKE POLAROIDS: SUKITA RITORNA IN ITALIA
Recensione della mostra a Bologna Presso la galleria Ono Arte
Passeggiare per il centro di Bologna e incontrare casualmente quello che è stato il più significativo fotografo nella carriera di David Bowie fa uno strano effetto.
Come un comunissimo turista giapponese Masayoshi Sukita attraversa Piazza Maggiore con il fedele nipote e assistente Akihisa, osservando le bellezze della città emiliana e tenendo stretta in mano una piccola fotocamera digitale. Se non fosse per la maglietta che orgogliosamente indossa non lo avrei neppure notato. Il logo dell’album Blackstar sulla sua t-shirt probabilmente è una piccola dimostrazione di affetto da parte di Sukita-san nei confronti dell’amico scomparso pochi mesi fa, e anche dell’ultimo capolavoro inciso.
Un gigante della fotografia che, pur tra numerosissimi e talentuosi colleghi, è stato l’unico a ritrarre in modo costante Bowie, vista la profonda amicizia che li legava. La prima sessione fu un appuntamento formale per immortalare lo splendido e neonato Ziggy nell’agosto del 1972, l’ultima un casuale incontro a New York nell’ottobre del 2009, quando David rifuggeva le uscite pubbliche ed era da anni apparentemente “morto” discograficamente. In mezzo a queste due date tanti incontri ufficiali e informali. Le prime date a Tokyo di Mr. Stardust nell’aprile del 1973, i fotogrammi per la copertina di “Heroes”, un’esibizione live nel 1978, il viaggio di piacere a Kyoto nel 1980, la rassegna stampa giapponese per il Serious Moonlight Tour nel 1983, la reincarnazione nei Tin Machine…
Quando Sukita arriva alla Galleria Ono Arte nel tardo pomeriggio per l’inaugurazione di ICONS, una personale che dedica spazio anche agli altri due padrini del glam Marc Bolan e Iggy Pop, indossa ancora la t-shirt di Blackstar, sotto una appena più formale giacca scura.
Nelle due ore successive è incredibile la disponibilità e la generosità che questo anziano artista dimostra a chiunque sia accorso per ammirare le sue istantanee. La sua semplicità e l’umiltà nel firmare autografi e posare per delle immagini-ricordo è la manifestazione di un mondo e di una tradizione ancora lontane e aliene per la nostra mentalità occidentale. Masayoshi mostra curiosità nell’autografare una nostra vecchia edizione di un suo libro uscito solamente in Giappone negli anni ’80 e molta pazienza nel farsi ritrarre assieme a noi per alcune polaroid che inizialmente sembravano avere problemi di sviluppo. Molto teneri l’affetto e la premura che Akihisa dimostra nei confronti del proprio zio: simpatico e disponibilissimo ad aiutare a superare il gap linguistico tra il maestro e i visitatori.
L’atmosfera informale dentro la galleria bolognese Ono permette di godere appieno dell’esposizione delle foto. Muoversi tra gli scatti iper-colorati di Ziggy, le spettinate pose in bianco e nero di Marc e le “crazy faces” di Iggy provocano in me una intensa sospensione dalla realtà: mentre sei con il volto rivolto in alto ad ammirare le immagini non riesci a fare a meno di girarti e guardare pochi metri più in là Sukita, intento a firmare autografi o che sorride mentre riceve l’ennesimo complimento di un ammiratore.
Un grazie va doverosamente anche a Maurizio, titolare della galleria ONO, e a tutto il suo staff, che ogni volta si dimostrano cordiali e premurosi. Un ringraziamento in particolare soprattutto per aver portato in Italia artisti così importanti e così vicini alle nostre passioni.
Prima in Piazza Maggiore ci eravamo sentiti quasi in colpa nel fermare per alcuni secondi il maestro, che però ci aveva sorriso stringendoci la mano. Mentre Akihisa ci rassicurava di vederci più tardi, Masayoshi già si avviava spedito e un po’ claudicante verso l’ombra della basilica di San Petronio, alla ricerca di chissà quale scorcio bolognese da fissare sulla sua piccola fotocamera digitale.
Matteo Tonolli
Qui potete leggere la nostra recensione del catalogo cartaceo pubblicato da Ono Arte in occasione della mostra.