
Rex Ray nel suo studio
SPECIALE: REX RAY
In questo articolo forse scoprirete qualcosa di più su un artista di formazione urbana, molto attivo negli anni ’90 nella zona della Baia di San Francisco, che con il suo personalissimo talento colpì l’attenzione del Sottile Duca Bianco, quando quest’ultimo aveva già smesso di indossare le maschere dei suoi incredibili personaggi. L’immaginazione e la creatività di Bowie vennero però alimentante e rigenerate, mescolandosi al talento di questo pittore, grafico e disegnatore – dando origine ad opere molto particolari, alcune volte non completamente accettate dai fan, ma sicuramente mai banali.
Ogni fan di David Bowie sa che qualsiasi suo album non è una semplice raccolta di canzoni. Anche quelli meno ispirati nascondono spesso un progetto visivo più o meno elaborato che si manifesta principalmente con la copertina, secondariamente con il booklet e spesso anche con l’artwork dei singoli. Non si tratta dell’unico cantante pop-rock che nell’arco della propria carriera ha cercato collaborazioni illustri di talentuosi fotografi, pittori e grafici. Eppure la sua sensibilità sopraffina e una smisurata passione per le più disparate correnti artistiche (oltre che appassionato era una grande collezionista) spesso lo portarono a creare qualcosa di unico. I suoi LP degli anni ’70 sono diventati iconici anche per il loro apparato visuale. Un ingrediente ad ogni modo complementare e irrinunciabile alla musica contenuta. Tuttavia, se per esempio guardiamo la cover di Ziggy Stardust e poi quella di Lodger, oppure Scary Monsters, capiamo anche che il lavoro grafico-artistico sotteso ad essi subì una evoluzione decisa dal punto di vista della complessità e della portata significativa, oltre che nello studio preparatorio.
Bene scriveva Luca Majer nella sua introduzione ad Antologia di Testi dell’Arcana: “Quello che stupisce è la capacità di mantenere una ‘linea di prodotti’ perennemente variata nel tempo, ovvero riconoscibile e nuova (…) Un impero costruito (è il caso di dirlo) sull’immaginario, dove tutti comprano un brandello della sua immagine più che un pezzo di vinile…”.
Certamente il fan medio può anche evitare di soffermarsi più di tanto sulle copertine di questi dischi, e al giorno d’oggi la fruizione della musica liquida toglie ogni piacere feticistico. Il revival del vinile riguarda purtroppo solo una minoranza troppo esigua di giovani appassionati, e gli altri fruitori sono solo dei ‘dinosauri’ forse destinati a scomparire. Oltretutto quello che appare in copertina spesso è enigmatico, ma come si diceva prima, non di rado rimanda a significati abilmente sottesi. Grattando la superficie, scendendo in profondità, c’è molto da scoprire. Blackstar stesso ne è l’ultimo esempio più fulgido. Anche gli artwork degli album di Bowie di fine anni ’90 e inizio 2000 nascondono probabilmente più di quanto ci si potrebbe aspettare. A riguardo di David e dei suoi collaboratori. Idee inconsuete, progetti fecondi, storie poco conosciute.
La vita professionale e privata di Michael Patterson, alias Rex Ray, è stata la realizzazione di un sogno, oltre ogni aspettativa. Una storia personale, lavorativa e creativa, che si intrecciò per alcuni anni a quella di Bowie. La loro collaborazione non solo portò alla realizzazione di differenti e interessanti progetti del cantante inglese, ma permise anche all’artista americano di sbocciare e affermarsi. In seguito tra i suoi clienti ci furono grandi musicisti come Rolling Stones, U2, Radiohead, Patti Smith, R.E.M., Bjork, U2, Beck… ma anche aziende come Apple, Sony e Dreamworks. Rex Ray trovò definitivamente la propria strada nel campo prima della grafica e poi della pittura, in un percorso creativo molto personale.
È lui che in una intervista del 2008 racconta come andarono davvero le cose, come riuscì ad avvicinarsi all’uomo che lo aveva fatto sognare con copertine come Aladdin Sane.
REX RAY SI RACCONTA
“Negli anni ’90 lavorai come freelance per il Bill Graham Presents, disegnando posters per tour… La paga non era un granché e il contratto anche peggio, ma ero intenzionato a crearmi un serio portfolio, per mandarlo poi in giro alle varie compagnie discografiche. La cosa funzionò e dopo pochi anni, disegnavo per le più grosse label musicali e inoltre sviluppavo dei progetti per alcune etichette locali e indipendenti.
Nel 1995 produssi un poster leggermente controverso per uno show di David Bowie con i Nine Inch Nails. Ero stato una grande fan di Bowie negli anni ’70 – tutto cominciò nel 1974, osservando la copertina per Aladdin Sane, che sognavo di avere fatto per mio conto. Il poster DB/NIN era un collage creato al computer di varie parti del corpo, con carne e legature bondage, e questo aveva turbato alcune persone alla BGP; in seguito venne stampato dopo diverse discussioni. Successivamente, nel 1997, Bowie ritornò a San Francisco per tre serate dell’Earthing Tour e realizzai ancora il poster per quegli show. Dopo che vennero stampati, chiesi a quelli della BGP se potevano far autografare al Signor Bowie una mia locandina per me, ma mi fu detto: “Non è possibile.” Così, ‘indossai il mio cappello da stalker’ e decisi di guadagnarmi un poster autografato per conto mio.
Con l’aiuto di alcuni amici (delle spie!), venni a sapere che una mattina Bowie era in una certa libreria, allora balzai sulla bicicletta e e attraversai di corsa la città. Lo raggiunsi mentre usciva e gli chiesi se mi potesse firmare i poster. Fu delizioso e accomodante, e si complimentò per il mio lavoro. Parlammo per un po’ a proposito di libri, design e non ricordo cos’altro, poi andò per la sua strada. Fui più che soddisfatto e pensai che nient’altro sarebbe accaduto.

Le prime tre locandine di Ray per Bowie: un concerto con i NIN, le tre date live del settembre 2017 dell’Earthling Tour a San Francisco e la celebrazione del trentennale di Ziggy Stardust (© Rex Ray)
Più tardi a mia insaputa, al soundcheck del pomeriggio, quelli della BGP chiesero a Bowie di firmarmi un poster. Bowie rispose: “Li ho già firmati a Rex, ma potreste fare in modo di farlo venire nel backstage dopo lo spettacolo di stasera, in modo che lui possa firmarne alcuni per me?” Arrivai al backstage dopo il concerto e venni scortato nel camerino di David, dove conversammo a lungo di libri e di quello che avrebbe dovuto fare mentre era in città… e firmai i poster per lui. Ancora una volta ero soddisfatto e pensai che non l’avrei più rivisto.
Circa un anno dopo ricevetti delle strane e-mail nelle quali mi si chiedeva se volessi collaborare su alcuni progetti, ma erano firmate solo con “db”. Non mi sfiorò mai l’idea che potesse essere David Bowie, così le ignorai.
Qualche giorno più avanti arrivò un’altra mail nella quale finalmente si identificava, rimasi completamente scioccato. Il primo progetto sul quale collaborammo fu una stampa in edizione limitata per commemorare il 30′ anniversario di Ziggy Stardust. Bowie mi mandò una strana foto di chattering teeth con occhi a molla e io vi incorporai i capelli, lo sfondo e altri piccoli dettagli. Il successivo progetto fu un poster per pubblicizzare nel 1998 il lancio di Bowienet, il servizio internet e il sito ufficiale di David.
Inizialmente, realizzai diverse composizioni minimaliste basate sui due poster precedenti della BGP e successivamente emerse l’idea di un collage post-moderno dei personaggi di Bowie creati nei vari anni e mescolati tra loro, per ottenerne una versione definitiva. Poi nel 1999 iniziai a lavorare sul design per il nuovo e imminente album di Bowie, Hours… . Avevo ricevuto una cassetta con tre canzoni incomplete e ancora da mixare, più un piccolo schizzo di Bowie come guida per la direzione visiva dell’album. Inoltre David mi suggerì di usare 10 diverse persone per scrivere i testi delle 10 canzoni. Tim Brett Day fornì le foto e il procedimento di inviare avanti e indietro bozze e idee proseguì molto agevolmente. Proprio quando stavamo ultimando il package design, venne deciso che per la prima stampa sarebbe stato realizzato una copertina lenticolare a edizione limitata (un processo olografico 3-D), così preparai dei file Photoshop stratificati per la ditta che a Londra avrebbe prodotto l’immagine.

La locandina per il lancio di Bowienet, immagine poi riutilizzata per la raccolta ‘Best of Bowie, e ‘Hours…’, anche nella versione lenticolare 3-D stampata in poche migliaia di copie.
Ho lavorato con molte celebrità negli anni ed ero preparato ad affrontare momenti difficili. Essere un designer significa in parte percorrere un processo creativo attraverso la personalità di ogni individuo e mantenere qualcosa di sè in questo processo. Alcune volte queste personaggi possono essere difficili da trattare. Alcuni progetti procedono abbastanza agevolmente, altri sono una costante negoziazione, se non una vera e propria battaglia. Il progetto per Hours… invece si sviluppò in modo spedito. Lavorando con lo staff di Bowie e l’art department della Virgin Records, pianificammo l’apparato grafico per l’album e i singoli, così come il materiale promozionale per i punti vendita. Sono il più grande critico di me stesso. Sono passati 10 anni e penso ancora che il package per Hours… sia un po’ troppo elaborato. Le prime e uniche canzoni che ascoltai mentre lavoravo al progetto erano pezzi rock e upbeat, anche Earthling, l’album precedente, era molto vivace, così quella fu la direzione visuale che seguii. La musica che invece finì sull’album era più pacata e avrei voluto utilizzare uno stile più morbido per sottolineare il mood introspettivo e riflessivo dell’intero album. Questo non significa che non sia orgoglioso del lavoro svolto. Ritengo funzioni piuttosto bene.
Dopo la release di Hours… lavorai su differenti poster e altro materiale per farlo coincidere con il breve tour intrapreso da Bowie. Elementi del design di Hours… vennero elaborati per quello di Bowienet. Nel 2000 disegnai un bonus CD che venne incluso nella raccolta delle sessioni per la BBC (Bowie At The Beeb) e il primo collage che realizzai per Bowienet venne riesumato per il greatest hits Best of Bowie, pubblicato in CD e DVD.

A sinistra l’immagine di origine poi trattata da Ray per la copertina del live ‘Bowie At The Beeb’ del 2000, un disco accluso in edizione limitata al box delle registrazioni storiche degli anni ’70. Si può notare qui come una foto tutto sommato ordinaria, con la grafica dell’artista americano diventi particolarmente cool.
Nel 2002, David mi inviò alcune immagini come materiali di ispirazione per il successivo album, Reality. All’inizio Bowie mi domandò se conoscessi degli illustratori che lavoravano nello stile anime e che potessero realizzare un alter-ego per la cover. Gli chiesi di poter fargli una foto e sviluppare il personaggio che eventualmente sarebbe apparso sul package finale. Mentre nella mia testa trattenevo l’idea dello stile anime, trassi ispirazione anche dai dipinti di Margareth Keane (http://www.margaretkeane.com/) e lavorai senza sosta sviluppando un viso e la pettinatura per la figura. Non riesco a descrivere l’enorme responsabilità riguardante l’hairstyle di David Bowie!
La confezione per Reality fu un progetto collaborativo tra Bowie, il celebre designer inglese Jonathan Barnbook ed io (Barnbrook aveva già collaborato con Bowie su Heathen, e lo farà anche per Blackstar, ndT). Io ho sviluppato le illustrazioni e le raffigurazioni, Barnbrook ha creato il fantastico lavoro grafico che appare sul prodotto finale.
Quando Reality venne pubblicato, i fan odiarono la copertina. Visitando diversi siti, verificai la reazione dei fan alla cover, e generalmente non era favorevole. Bowie ha alle spalle una lunga lista di copertine con se stesso sulla cover e questo ha influito sulla prima volta che nessuna sua foto vi appariva. Dal mio punto di vista, adoro la copertina e ritengo sia tra le mie migliori. Fui stimolato a lavorare in uno specifico stile nel quale prima non mi ero mai misurato e sono piuttosto soddisfatto del risultato. Non c’è nulla di meglio che sorprendere se stessi.

‘Reality’: l’album, il live e l’alter-ego anime di David nella versione 2003 e quella di Ziggy per il singolo mash-up ‘Rebel Never Gets Old’ (2004)
Come ho detto prima, ricordo quando osservavo le fantastiche copertine di David come Aladdin Sane e Diamond Dogs e pensavo: “Mi piacerebbe disegnare cover come queste un giorno”. Trent’anni dopo, quel desiderio divenne realtà! Eppure era come se avessi raggiunto il mio obiettivo e non potevo pensare a nient’altro che desiderassi di fare nel campo del design grafico. Posso anche dire di avere intuito una cosa – quello che l’industria musicale non sembra essere in grado di comprendere. Le copertine dei dischi – almeno il modo nel quale vengono apprezzate – stanno diventando qualcosa del passato. Le richieste dei dipartimenti di marketing e la scomparsa dell’album, o CD, come oggetto fisico mi portano alla conclusione che è tempo di cambiare. Ho potuto continuare a lavorare agevolmente nel settore dell’intrattenimento, ma la prospettiva di disegnare box DVD per raccolte di reality show e trascorrere infinite ore al computer non ha alcun fascino su di me.
Realizzo ancora design grafici per alcuni vecchi clienti e amici, ma preferirei dipingere. Dopo la lunga collaborazione con Bowie, ho iniziato a eliminare gradualmente il lavoro di grafica al quale mi sono dedicato per così tanti anni, evitando di accettare nuovi clienti o grossi progetti e ho cominciato a concentrarmi su un artwork più raffinato e più personale, con il quale oggi mi mantengo.
Tuttavia, se per caso domani il telefono squillasse e Mr. Bowie chiedesse il mio contributo grafico, sarei ben felice di risaltare su quel vecchio treno ancora una volta…” (Rex Ray)

Picture dics, CD singoli, poster e litografie: con una parziale pausa per ‘Heathen’, tra il 1999 e il 2003 Ray collaborò a tempo pieno per Bowie (© Tim Brett Day; © Frank Ockenfels 3; © Rex Ray)
Rex Ray non collaborò più con Bowie. Prima di tutto perché David discograficamente si prese una lunga pausa, autoesiliandosi completamente anche dal jet-set e facendo temere a molti che musicalmente non avesse più nulla dire. Poco dopo l’inizio di questa decade Bowie invece dimostrò il contrario ma intanto quella mostruosa bestia chiamata cancro, ancora prima di David, attaccò l’artista americano. Rex Ray morì il 9 febbraio 2015, dopo 5 lunghi anni di malattia.
Influenzato da Pollock e Warhol, dopo aver iniziato come disegnatore di volantini e magliette (spesso supportò associazioni di attivisti in favore dei diritti ai gay e di lotta contro l’AIDS) e avere lavorato nel music business (un artista versatile, tra i primi ad utilizzare i programmi Mac, combinandoli con pittura e collage), le sue opere sono ancora oggi esposte nei più importanti musei americani, e regolarmente vendute a collezioni pubbliche e private.

Tre esempi nei quali Ray unì le forze con la fotografa Myriam Santos: il libro ‘Live in New York’, la locandina del concerto di Bowie al Roseland Ballroom del 2002 e l’album solita di Gail Ann Dorsey (© Rex Ray; © Myriam Santos)
Nelle parole di Ray non vengono citati altri progetti che in realtà produsse assieme a Bowie. Disegnarono poster e litografie che alcune volte venivano regalati attraverso dei contest su Bowienet, oppure venduti all’asta per beneficenza. Dando un’occhiata in rete, oggi alcune di queste opere vengono vendute a prezzi esorbitanti. Ray curò anche l’impaginazione e la grafica del libro David Bowie: Live In New York, con fotografie di Myriam Santos. Nel 2003 la fotografa di origine argentina con base a NYC, aveva collaborato con Ray anche per la copertina dell’album solista di Gail Ann Dorsey I Used To Be. La bassista di David dedicò alcune commoventi parole in favore del grafico scomparso pochi giorni prima: “I have met many interesting and talented people in my life’s journey so far. Rex was all that and more; he was one of the kindest and sweetest hearts I have ever had the privilege to know. I am so very grateful for the magic that he brought to my life…”.
Se li possedete e ne avete voglia, andate a prendervi i vinili, i CD singoli oppure i semplici compact disc della seconda parte della cartiera di David Bowie. Leggetevi le note di copertina, ammirate le cover, perché si tratta di piccole opere d’arte, in cui due grandi artisti hanno mescolato le loro idee realizzando qualcosa di veramente unico.
Traduzione dell’intervista e articolo di Matteo Tonolli
Intervista gentilmente concessa da Rock Pop Gallery, tratta dall’articolo Cover Story – David Bowie’s Reality, apparsa sul sito il 16 maggio 2008

Alcune tra le opere più personali dell’artista di San Francisco (© Rex Ray)