Recentemente è stata inaugurata a Torino presso il Museo Fico, e con la collaborazione della casa editrice Lo Scarabeo, la mostra Tarocchi – Dal Rinascimento ad oggi, a cura di Anna Maria Morsucci. Si tratta di un viaggio espositivo e culturale che traccia la storia di quelle che non sono solo semplici carte da gioco. Dai mazzi Viscontei del ‘400 fino a quelli contemporanei di Niki de Saint Phalle, una espressione artistica che ha contaminato prima la filosofia e negli anni più recenti anche il fumetto. Nell’ambiente anglosassone settecentesco i tarocchi furono usati in chiave esoterica e cartomantica, veri e propri strumenti per esplorare “le vie dell’avvenire”. Una sezione di questa mostra è inaspettatamente dedicata ai tarocchi creati da David Bowie in collaborazione con l’artista inglese di origini italiane Davide De Angelis. Proprio l’interesse per il maestro dell’Esoterismo Aleyster Crowley fu probabilmente lo spunto di collaborazione tra i due, che negli anni ’90 lavorarono assieme per gli artwork degli album 1.Outside ed Earthling. Nell’album dedicato all’indagine del detective Nathan Adler, De Angelis lavora per il gruppo creativo di manipolazione dell’immagine denominato Denovo, ed è quindi sotto questa sigla che viene accreditato nelle note del disco, mentre in quelle ad Earthling compare con il proprio nome, e per il quale è incaricato anche del design grafico.
Abbiamo tradotto per voi l’intervista, firmata da Emily Goslin, a Davide De Angelis, apparsa lo scorso gennaio sulle pagine online del magazine inglese CREATIVE BOOM, nella quale possiamo leggere della collaborazione tra i due artisti e sul loro prodotto cartomantico, portato definitivamente a termine in realtà solo dopo la morte di Bowie. Inoltre scopriamo qui che il rapporto tra Bowie e De Angelis era nato in qualche modo molto tempo prima. Questo mazzo di tarocchi verrà pubblicato nel 2018 da Lo Scarabeo.
Davide De Angelis durante la sua collaborazione con David Bowie: i loro progetti irrealizzati ed il motivo per il quale gli artisti dovrebbero creare opere che riescano a ‘sorprenderli’.
Articolo di Emily Goslin apparso originariamente sulle pagine di CREATIVE BOOM il 13 gennaio 2017: www.creativeboom.com/features/davide-de-angelis-on-working-with-david-bowie-the-as-yet-unrealised-ideas-they-created-and-why-its-so-important-for-creatives-to-make-work-that-surprises-and-challenges-them-/

De Angelis con Bowie durante lo shooting per l’artwork di ‘1.Outside’
Il disegnatore grafico Davide De Angelis è un personaggio estremamente affascinante, lavorò insieme a David Bowie per la parte grafica degli album Earthling e 1.Outside, oltre a collaborare per un progetto alla Biennale di Venezia (Where do we come from, Where do we go?) e ad una mostra alla galleria di Cork Street a Londra. [In realtà nel 1996 De Angelis produsse con Bowie anche 5 immagini generate al computer e mostrate alla exhibition di beneficenza Looking Glass Project. Le immagini vennero proiettate su un megaschermo di un edificio di fronte al numero 66 in St. John Street a Londra, e gli spettatori potevano manipolarle a loro piacimento attraverso la composizione di un numero telefonico, nota di Matteo Tonolli]. Secondo De Angelis il seme della collaborazione era stato seminato già nei primi anni ’70, molto prima di diventare progettista per una etichetta discografica, quando lui aveva appena 10 anni. Egli incontrò Bowie in una notte piovosa a Soho nel ristorante italiano dei suoi genitori, mentre ingannava il tempo disegnando distrattamente, con una matita Crisps HB, sul suo libro da disegno “sognando di diventare, un giorno, il prossimo Andy Warhol”.
Bowie diede un’occhiata ai disegni del ragazzino e gli disse: “Si vede chiaramente che tu sei un artista. Ti andrebbe di disegnare qualcosa insieme?” De Angelis spiega: “Bowie ed io siamo ora seduti fianco a fianco, in un regno fuori dal mondo, lontani dall’illusione di Soho. Stiamo disegnando insieme. Terminiamo di disegnare e sento me stesso domandargli se un giorno potrò creare qualcosa per le copertine dei suoi dischi”.
Questo momento, come era prevedibile, segnò un punto di svolta nella vita del piccolo De Angelis; un momento a cui ripensò due decenni piu tardi, quando questo sogno divenne realtà e nel 1993 la coppia si ritrovò nuovamente insieme in uno studio di progettazione. “Proprio come allora siamo seduti con penne e fogli di carta”, dice De Angelis. “Soltanto che ora si parla di filosofia, tipografia, tecnologia e visioni sciamaniche. Beviamo caffè e Bowie ha sostituito le Marlboro rosse con la versione light”.
Continua: “Lo ricordo mentre mi diceva che la mia arte ed i miei progetti erano veramente incredibili, li descrisse come ‘potenti visioni alchemiche’. Stranamente tutto ciò non mi riempiva di soddisfazione o di senso di trionfo, piuttosto sembrava semplicemente che il tempo si fosse rimesso in pari con se stesso. Il primo evento, racconta De Angelis, accadde nel 1973 e la realtà ci impiegò vent’anni per ricongiungersi in quel punto: il tempo è semplicemente un meccanismo che blocca tutto ciò che accade in un unico momento. Nel senso che non importa in che cosa mi imbatto che mi ostacola, questo incontro era già avvenuto”.
De Angelis è cresciuto a Walthamstow, nella parte est di Londra, e ora risiede a Bali, dove conduce una vita fruttariana (sì, questo significa che si nutre esclusivamente di frutta) e, oltre ad occuparsi di arte e progettazione, egli dedica parecchio tempo allo studio dell’energia e del movimento. Abbiamo raggiunto questo affascinante personaggio, per scoprire qualcosa di più a proposito della sua collaborazione con David Bowie, dei loro progetti non ancora realizzati e sul perchè fosse così importante per loro che i designer riuscissero a creare opere in grado di sorprenderli e sfidarli.

Alcuni artwork su vinile di Davide De Angelis per Bowie
Così ritorniamo al 1973: conoscevi la musica di Bowie quando avevi dieci anni? Quali erano le tue impressioni su di lui quando eri bambino?
Una delle mie principali impressioni era quanto fosse ‘espresso’, questo ripensando a come lo consideravo in passato. Non sono sicuro che questo fosse così chiaramente articolato quando ero un ragazzino, ma lui incarnava una ‘libertà’ a cui molte persone sembravano non avere accesso. The Rise And Fall of Ziggy Stardust fu registrato agli Trident Studios di Soho, così Bowie e le persone che lavoravano con lui venivano spesso nel ristorante di mio padre al termine delle sessioni serali. Anche mio padre era un musicista ed apprezzava veramente Bowie, oltre a considerarlo una persona estremamente educata e rispettosa. In quel periodo Bowie gradiva bere qualche bicchiere di vino rosso e trascorrere la serata in compagnia di Tony Visconti, il suo produttore, rimuginando su nuove idee. Mia madre era una fan accanita di David ed aveva ascoltato la sua musica durante tutta la mia infanzia. Io canticcchiavo già Space Oddity all’età di sette anni. Ero un ragazzino un po’ proiettato verso lo spazio e la science fiction, Bowie ai miei occhi era un alieno consumato: lui incarnava il mistero ed il potere degli esseri ultraterreni.
Che impatto ha avuto la sua musica sulla la tua carriera di art designer?
Per me, la musica di Bowie ha letteralmente infuso al mondo una energia mai provata prima. Con lui si trattava di una esperienza di completa immersione – l’arte ed il suono, uniti in un’onda trascendentale, attraverso i nostri corpi e le nostre menti. Grazie a Bowie conobbi la Kintsukuroi, l’arte giapponese di riempire le crepe del vasellame rotto con oro e platino, così che un oggetto che prima era danneggiato venisse trasformato in qualcosa di squisitamente bello ed arricchito di significato. Questo è stato un tema ricorrente, sia nella mia grafica che nelle belle arti. La mia attenzione è rivolta a come la natura ripari le cose e stabilisca delle nuove geometrie, all’interno della loro forma attuale. Ricordo di aver visto un’intervista di Bowie che descriveva come lui usasse quella che lui descriveva la tecnica di William Burroughs per creare i testi dei suoi brani: consisteva sostanzialmente nel consentire ad un flusso di coscienza di esondare e in seguito di tagliare il tutto e risistemare le parole, in modo da creare nuove frasi bizzarre. Tutto ciò conquistò la mia immaginazione: in pratica, l’idea che esistesse una forza più grande di noi all’opera da qualche parte dell’universo, un po’ come il misterioso ‘Chi’ nella filosofia orientale e nelle arti marziali.

La nuova incarnazione di Bowie: Nathan Adler
Come è stato il vostro rapporto di collaborazione? Le decisioni dipendevano da lui? Oppure lui lasciava che tu facessi ciò che volevi?
Lavorare con Bowie era spesso come un lampo di luce – lui si presentava con un trillione di idee e schizzi su fogli di carta. Gli incontri erano ogni volta differenti ed altrettanto velocemente la nostra collaborazione si concretizzò in un chiaro percorso, lungo il quale noi ci ritrovavamo seduti a fare schizzi ed a conversare di cose. Fondamentalmente, ogni nostro incontro era come un nuovo punto di partenza dal quale cominciare ad esplorare. Appena Bowie era certo che io ne avessi compreso l’essenza, si dileguava, lasciando che le cose si evolvessero. A volte lo rincorrevo in giro per il mondo (tramite mail e telefonate) per analizzare una nuova idea. Poi all’improvviso, inaspettatamente, lui mi chiamava e mi chiedeva se avessi potuto incontrarlo in qualche hotel o dal direttore dell’agenzia pubblicitaria. Una volta o due si presentò nel mio appartamento con una busta di pastica piena zeppa di strani oggetti che lui aveva recuperato e che pensava potessero tornarmi utili per escogitare qualcosa di nuovo. Fu un periodo molto eccitante per me… era come se, una volta che sceglieva qualcuno con cui collaborare, cominciasse a credere in lui, lasciandolo libero di inserire la propria particolare magia all’interno di un progetto. David era estremamente aperto e sensibile alle nuove idee e sempre pronto per una nuova sfida.
Cos’altro ha influenzato il tuo lavoro?
Quando avevo quindici anni cominciò ad affascinarmi lo Sciamanismo ed in particolare il regno delle piante medicinali allucinogene sciamane, così ricche di simbolismo. Feci il mio primo ‘Pejote journey’ a diciassette anni e questo cambiò profondamente il mio modo di vedere la vita. Mi si aprì un mondo di possibilità visive e fisiche completamente nuovo. Più tardi continuai lo studio con svariati sciamani peruviani ed anche con un maestro di mistica ed energia giamaicano. Cominciai ad applicare queste nuove conoscenze a cose tipo la tipografia, quindi una sorta di Burroughs/Bowie/Sciamanismo, scoprendo nuove parole e persino possibili linguaggi in forma spezzata.
Puoi dirmi qualcosa circa i Tarocchi Starman?
The Starman Tarots è qualcosa di veramente molto strano. Tornando al 1997, Bowie ed io parlammo della possibilità di creare un mazzo di carte di ‘divinazione’. Nel 1975 anche Brian Eno aveva creato qualcosa di simile, ‘Le Strategie Oblique’, con un l’artista inglese Peter Schmidt, per aiutare artisti e musicisti ad uscire dal cosiddetto ‘blocco creativo’ ed aprire nuovi percorsi per idee nuove. Nel 1997 iniziai ad interessarmi molto ai Tarocchi e cominciai a delineare qualche idea per un nuovo modo di guardare a questo antico sistema. Io stavo lavorando alla grafica di Earthling e dissi a Bowie che molti dei personaggi e dei concetti che popolavano i suoi testi avrebbero potuto diventare nuovi straordinari archetipi per un mazzo. A lui piacque molto l’idea e molte delle nostre conversazioni erano incentrate sulla dissociazione della coscienza dall’intelligenza. Il mazzo era un modo per individuare nuove possibilità ed aprire nuovi percorsi verso una maggiore creatività ed espressione. I tarocchi, ancora una volta, ci aprivano la possibilità di trovare la guida che si trova al di là della ragione e della logica. Tempo dopo, smettemmo di lavorare insieme e passammo alcuni anni scambiandoci idee in proposito, con botta e risposta da differenti parti del mondo, ma dopo un po’ entrambi smettemmo di pensarci ed il progetto si congelò. Quando David morì, io cominciai a ripensare al passato ed a tutte le cose che avevamo fatto insieme e questa idea mi saltò immediatamente agli occhi.
Sembra che molti artisti e designers stiano disegnando i propri Tarocchi in questo periodo: perchè pensi che questo accada? Siamo forse alla ricerca di un riferimento nei momenti di difficoltà?
Secondo me, l’aumento degli artisti che producono mazzi di Tarocchi è sinonimo di una necessità di esplorare la vita in maniera più profonda, di approfondirne l’aspetto misterioso, paradossale e mitologico. Il fatto che la vita, in realtà, si svolga in maniera simbolica ed esista per noi tutti all’interno della struttura del linguaggio e dei simboli, dovrebbe spingerci a non dimenticare e potrebbe garantirci un futuro sicuro e conforme. Io credo ci sia un profondo bisogno dentro di noi di raccontare storie e di trovare nuovi mondi che ci meraviglino. Dal momento che la scienza può spingerci a pensare che siamo semplici algoritmi biologici, noi di contro abbiamo bisogno di trovare un modo per far tornare la magia nel mondo – e non intendo il tipo di magia di Disney.
Potresti dirmi qualcosa a proposito di quando dici: “Ho sempre lavorato per stupire me stesso ed ho sempre cercato di illuminare il mondo con il mio stupore”?
Quando lavoro ad un’opera d’arte, voglio, per prima cosa, stupire me stesso, sfidare con le mie idee e le mie convinzioni ciò che è reale, sia nell’arte che nel design. Se sto lavorando ad un progetto di identità, per esempio, io mi interrogo su come l’identità sia presente in ogni progetto, su come si possa rispondere a questa domanda e su come sia possibile trovare un modo per creare delle nuove sensazioni per il mio cliente e per il suo pubblico, per aiutarli a vedere possibilità nascoste all’interno del loro lavoro e delle loro idee. Ultimamente, per me è quasi una rivelazione svelare qualcosa di stupefacente che faccia dire alle persone: “Oh wow, c’è un modo diverso per vedere questa cosa”. Per me la bellezza è una qualità intrinseca alla nostra realtà; ed è questa qualità che ci aiuta a viaggiare attraverso la vita, a sentirci connessi a qualcosa di più grande rispetto alla nostra piccola storia personale.
Traduzione dell’articolo e foto della mostra di Enrica Canale, testo introduttivo di Matteo Tonolli
Un particolare ringraziamento a Katy Cowan, founding editor del magazine inglese CREATIVE BOOM, per averci concesso la traduzione del loro articolo-intervista

I tarocchi ‘Starman’ che saranno pubblicati il prossimo anno