di Matteo Tonolli
Esattamente 40 anni fa, il 18 marzo 1977, veniva pubblicato THE IDIOT. Un album di Iggy Pop. Ma anche un LP che era visceralmente di David Bowie.
I due musicisti avevano iniziato a frequentarsi e a collaborare nel 1972. James Osterberg incarnava per David il lato più selvaggio e sfrenato del rock’n’roll, e il fatto che provenisse dall’America amplificava enormemente il suo fascino agli occhi dell’inglesissimo ragazzo originario da Brixton. Se nella decade degli anni ’70 dovessimo mettere a fuoco il maggiore innamoramento artistico di David, forse Iggy prevarrebbe su Lou Reed (e la loro pur feconda collaborazione), e senz’altro su quello sentimentale per Angie. In Velvet Goldmine di Todd Haynes, film ‘apocrifo’ non privo di difetti, viene efficacemente tradotto in immagini lo shock che l’iguana americana provocò nel folk-singer di allora. Tuttavia la maggiore manifestazione che scaturì a breve termine, da questi due giganti del glam-rock, fu solo il missaggio dell’album Raw Power, per gli Stooges.
Durante la propria ascesa Ziggy ottenne da Tony Defries che l’amico Pop venisse messo sotto contratto dalla MainMan. L’inaffidabilità del leader degli Stooges spezzò subito le possibilità di una più concreta produzione e/o collaborazione. Ancora una volta basterebbe guardare un frammento del lungometraggio Velvet Goldmine per immaginare cosa fosse successo. Più o meno. Se non vi piace il film o non siete d’accordo con il sottoscritto quantomeno vale la pena non perdersi le incredibili interpretazioni del doppelgänger di Iggy – Ewan McGregor – sul palco e quando stona nella sala di registrazione. Per anni il manager considerò Pop solo come un tollerabile capriccio del suo golden boy. Importa però che l’amicizia tra i due colleghi sopravvisse nonostante i problemi di droga, del successo e – non ultimi – quelli relativi alla salute mentale di Iggy (solo le visite di Bowie a Iggy ricoverato in un istituto neuro-psichiatrico sarebbero meritevoli di una buona sceneggiatura per un film, o magari per una pièce teatrale). La vicinanza di David e James è decisamente ben documentata dal recente volume fotografico di Andrew Kent David Bowie Behind The Curtain: qui li troviamo assieme nelle tappe live del Thin White Duke (nel libro sono anche consultabili le prenotazioni delle camere d’albergo per Iggy – di fatto come se fosse un membro della crew) e il viaggio dei due oltre la cortina di ferro, nella Russia più profonda, fino a Mosca e ritorno. Un quasi omonimo del fotografo americano, tal Andy Kent*, firmerà lo scatto in bianco e nero per la copertina di The Idiot (invece sarà proprio Andrew l’autore per la cover fotografica di Lust For Life). Iggy posa – probabilmente sotto la pioggia battente – indossando la giacca di Esther, la sua fidanzata dell’epoca, e ispirandosi a Roquaroil, un quadro del 1917 ad opera dell’artista espressionista tedesco Erich Heckel. Inizialmente sulla cover doveva figurare una fotografia di quel ritratto, tanto che i cantanti ne acquisirono i diritti di riproduzione. La postura verrà in parte riutilizzata poco tempo dopo da David (ma il modello principale era un dipinto di Egon Schiele), in modo decisamente più plastico ed elegante, grazie a Sukita, per il suo “Heroes”.
La cosa più eccitante per un fan di David Bowie che sta appassionandosi alla sua discografia e non ha ancora approfondito tutto fino in fondo, è scoprire che di fatto si può considerare The Idiot quasi come un suo album. Certo l’attribuzione è a Iggy, il ‘cantore’ e il catalizzatore di ogni singolo brano. Tuttavia David nei crediti risulta il co-autore di ogni traccia, suona numerosi strumenti (sintetizzatore, chitarra, piano, sax, xilofono…), canta molto ‘visibilmente’ nei cori e soprattutto produce l’intero progetto, coadiuvato principalmente dalla propria consolidata sezione ritmica (Carlos Alomar alla chitarra, Dennis David alla batteria e George Murray al basso), e infine con Tony Visconti come Deus Ex Machina per il missaggio finale. Registrato principalmente in Francia e in Germania (Monaco, e solo successivamente terminato a Berlino Ovest), esso costituì una vera e propria palestra di sperimentazioni per l’ex marziano del rock, che ricambiò il favore all’amico suonando le tastiere nel suo tour, iniziato il 1 marzo nella natìa Inghilterra; la sera del 18 marzo, giorno di uscita dell’album, i due suonarono invece al Palladium di New York.

I singoli tratti dall’album, con entrambi “Baby” come B-side.
8 stranissime e magnifiche canzoni che segnarono prima di tutto la resurrezione discografica di Iggy (non pubblicava nulla da almeno 4 anni), ma anche uno spartiacque per la carriera di David, per il rock e per la musica degli anni ’70 in generale. Come resistere al vocione da crooner di Iggy, ai cori di David, alle chitarre distorte ed ai ritmi elettronici? L’infatuazione per Berlino e in generale per la Mitteleuropa, la disintossicazione dalle droghe e la sperimentazione musicale (fondamentale la nuova scena tedesca), passarono necessariamente per questo album. Ancora prima della trilogia ‘berlinese’ e di un capolavoro come Low (sebbene quest’ultimo uscì astutamente due mesi prima di The Idiot venne in realtà registrato successivamente), l’album mantiene un profilo basso, bassissimo (come potrebbe essere diversamente con un titolo di questo tipo?), ma osa dove l’ex Ziggy Stardust non avrebbe mai potuto trovare la forza di avventurarsi ufficialmente. In questo LP ci sono anche le radici di Lust For Life, un’altra meravigliosa collaborazione tra i due artisti e un progetto più definito e maggiormente appetibile per il mercato discografico.
“In the studio, Jimmy would make up the lyrics on the spot and keep everything that he did and occasionally change a line after we recorded. I’d never seen anybody be able to make lyrics up so fast, just out of his head for a track. And it’s more like – he’ll hate me – the beatnik era. Jimmy and I collaborated because I was intoxicated with what I thought he stood for and I never want it to be thought that I’m some kind of hand manipulator or Svengali behind what Jimmy’s doing now because he’s getting popular now. It’s only because he was six years old too early with what he was doing with the Stooges.” David Bowie – Intervista del 15 Aprile 1977, Dinah!, CBS Television

Iggy Pop ritratto a Berlino nel 1977. © Esther Friedman
Ancora adesso sembra inconcepibile come Bowie possa avere prodotto e generato in così pochi mesi cotante meravigliose pubblicazioni. Il 1977, forse ancora più di quel magnifico 1972, fu decisamente l’annus mirabilis di David: The Idiot, Lust For Life, Low, “Heroes”. Chi mai riuscì a fare qualcosa del genere?
Un articolo non basta per approfondire The Idiot, nemmeno una sua recensione. Prima di tutto bisogna ascoltarlo. Più volte. Si può risalire la linea del tempo fino a Station To Station, e poi di nuovo giù, oltre l’ ‘affascinante idiota’, per capire quanto di esso germinò nella trilogia di Bowie (What In The World è a tutti gli effetti una outtake, mentre Sister Midnight viene ‘reincarnata’ in Red Sails). Non a caso per la mostra David Bowie Is, all’interno della stanza dedicata allo sperimentalissimo periodo berlinese, troneggiava proprio una copia originale di questo capolavoro. Le cover di brani tratti dall’album non si contano, e si dice che quando Ian Curtis venne ritrovato morto, sul piatto dello stereo del leader dei Joy Division girava ancora The Idiot.
È curioso notare che il bacino di utenza di fan di Bowie è così ampio che alcuni non gli hanno mai perdonato di avere ‘raddrizzato’ China Girl, mentre altri stanno ancora ballando sulle note della sua versione pop-dance del 1983. Eppure qualcosa di questo gioiello rimane totalmente irraggiungibile anche per l’intera discografia strettamente Bowiana: provate ad ascoltare il sassofono che suona Bowie su Tiny Girls. Personalmente lo trovo meraviglioso quanto e più di quello dello stesso Donny McCaslin in Blackstar. Una gemma da scoprire o rivalutare, a seconda dei casi, e che troverete solo nell’Idiota di Iggy e David.
* C’è parecchia confusione a riguardo. Le fonti, anche quelle più autorevoli, identificano Andy con Andrew – dando per scontato si tratti della stessa persona. Tuttavia pochi giorni fa ho chiesto direttamente al fotografo americano, il quale mi ha confermato di non essere lui l’autore dell’immagine, aggiungendo che è un “miss credit” per il quale ogni anno viene immancabilmente coinvolto. Nicholas Pegg nella sua enciclopedia si limita a riferire che l’autore fu “Andy Kent”. Nella penultima versione del suo libro precisava che precedentemente lo stesso Bowie veniva erroneamente accreditato come autore della foto.

Basilea, 21 aprile 1976: festeggiamenti per il 29′ compleanno di Iggy. Un mese più tardi sarebbe terminato l’Isolar Tour per lasciare spazio alle registrazioni parigine di “The Idiot”. © Andrew Kent (particolare)